Questo tipo di amplificazione che deriva dal dovere affrontare la contingenza di una situazione,consente la progressione della conoscenza e nello stesso tempo la risposta sempre più consapevole ad una serie sempre maggiore di imprevedibili impasse, così con un susseguirsi di imput e output si può arrivare, per certi versi, a diventare ciò che non si è, ma si vorrebbe provare ad essere come pesci, uccelli, talpe e via dicendo "(…) mi riduceva alla grandezza di una formica per farmi sentire minuscola di fronte all’universo, mi metteva le ali per vederlo dal firmamento, mi dava una coda di pesce per conoscere il fondo del mare." (Isabel Allende, "Eva Luna"). E’ questo uso che fa l’uomo dell’artificiale, molto più ampio di quello che non faccia l’animale, che consente al bipede l’adattabilità a situazioni non proprie per natura. In tal senso si potrebbe forse parlare di protesi, come una componente artificiale che consente di… ma sarebbe più corretto esprimersi in termini di sovrastruttura, perché l’intenzione non è quella di ripristinare artificialmente una situazione originaria che per varie ragioni è andata perduta per tornare a fare qualcosa, bensì si tratta di amplificare artificialmente la stessa situazione originaria che è limitata, per fare qualcos’altro, non concesso per natura: come costruirsi un ponte man mano che il terreno viene a mancare, o mettersi le pinne o il deltaplano o gli sci e così via, adattando alle proprie caratteristiche di umani, strumenti artificiali che consentano la continuazione del viaggio o l’esplorazione del non appartenenteci per natura.
Il sogno
"Don don don … il principe la rincorse, ma trovò solo la scarpetta di cristallo, chiamò il granduca Monocolao e gli disse: << Sposerò solo la fanciulla che calzerà questa scarpetta >>.
Cenerentola, dal film di Walt Disney
"L’orco si addormentò profondamente. Allora Pollicino avvicinatosi, gli sfilò pian piano gli stivali e se li mise, quegli stivali erano grandi e grossi, ma essendo fatati avrvano il dono di ingrandire o impiccolire il piede a seconda del piede che calzavano."
Pollicino, Perrault
"Padron mio, non affliggetevi, datemi soltanto un sacco e fatemi fare un paio di stivali per poter camminare fra i pruni senza pungermi, e vedrete che la parte che vi tocca non è tanto misera come credete".
Il gatto con gli stivali, Perrault
La funzione
se consideriamo la scarpe in questi termini risulterà evidente la dualità di cui parlavo inizialmente: la praticità che consente fisicamente il cammino in territori scomodi e quindi l’adattabilità ad essi, mantenendo l’umanità l’aderenza al terreno e contemporaneamente l’effetto ponte separa dall’ostacolo per continuare a procedere, ma anche il viaggio inteso nel senso figurato di esternazione di sé col gusto e le scelte formatisi nell’interazione e contaminazione con l’esterno, a diventare così un interfaccia sì in senso concreto, ma altrettanto in quello più astratto, per cui il viaggio avviene in luoghi che sono al tempo stesso fisici e mentali; la favola di Cenerentola o di Dorothy nel "Mago di Oz" ne sono un esempio, le scarpe diventano magiche, sono l’occasione per il riconoscimento che procurerà la meritata rivincita, nel caso della prima: "- Volgiti, volgiti, guarda: c’è sangue nella scarpa. Strettina è la scarpetta. La vera sposa è ancor nella casetta." così, nella Cenerentola dei fratelli Grimm, dicono due colombe al principe che non si è accorto del sotterfugio delle sorellastre amputatesi pur di riuscire ad indossare le scarpine, e danno l’occasione, nel caso della seconda, di raggiungere casa propria dopo essersi pentita di volerla abbandonare, ma sono in tutti e due i casi il mezzo fantastico per raggiungere il posto bramato.Invece possono rappresentare l’unico appiglio ad una vita meno dura come accade a Marylin Monroe o a Marlene Dietrich, rispettivamente in "La magnifica preda" e in "Marocco", dove l’abbandono delle scarpe, in fine, significa il cambiamento della propria vita e l’accettazione di tale cambiamento.